Voce che grida nel deserto

17 dicembre 2017 Commenti disabilitati su Voce che grida nel deserto

«Di fronte ad una richiesta di morte, la nostra struttura non può rispondere positivamente. Attualmente l’obiezione di coscienza non è prevista per le istituzioni sanitarie private, però io penso che in coscienza non possiamo rispondere positivamente ad una richiesta di morte: quindi ci asterremmo con tutte le conseguenze del caso».
Don Carmine Arice

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The Boy and The Beast

9 febbraio 2017 Commenti disabilitati su The Boy and The Beast

Un bambino, rimasto solo perché il padre se ne è andato e la mamma è morta, scappa di casa triste e solo. La prima sera finisce nel mondo delle bestie, una città abitata da animali, seguendo Kumatetsu, un orso combattente, irascibile ma anche lui solo.

Ren diviene il suo allievo, Kumatetsu diviene il suo maestro, ma i ruoli in realtà non sono così chiari, potrebbero essere invertiti e nessuno se ne accorgerebbe. Il rapporto tra orso e bambino cresce ed entrambi migliorano nella disciplina della spada.

Un giorno Ren ritrova la strada di casa, il mondo degli umani, e inizia a leggere, a studiare ciò che non ha potuto fare per lungo tempo. Stringe amicizia con una ragazza e pensa di iscriversi all’Università, ma per farlo servirebbe l’aiuto del padre.

Ecco la crisi d’identità di Ren. Chi è suo padre? Il suo animo è suddiviso tra il padre putativo e quel padre che lo aveva abbandonato ma di cui anela uno sguardo.

Il tema dell’identità e del “Chi sono io?” è sempre molto presente nel mondo giapponese e “The boy and The Beast” non fa difetto. In fondo lo stesso titolo dice molto di quello che vuole trasmetterci il regista Mamoru Hosoda. Come bisogna vivere per essere uomini?

Le bestie diffidono degli uomini perché, dicono, portano dentro di sé le tenebre. Ma il sapere “Chi sono” e conoscere la propria identità aiuta a tenere a bada le tenebre che anche in Ren si presenteranno.

Giorni di memoria

28 gennaio 2017 Commenti disabilitati su Giorni di memoria

Fa sempre un certo effetto quando si scopre un fatto storico essere avvenuto in un luogo caro, che si conosce o che si frequenta. L’anno scorso mi imbattei in questo articolo e ne rimasi commossa riconoscendone i luoghi in cui sono avvenuti, oltre naturalmente per la storia in sé. La ripropongo in questi giorni di memoria.

Bisogna cercare di immaginarsi cosa significasse per dei poveri contadini con tante bocche da sfamare prendersi il rischio di dare rifugio a persone che nemmeno parlavano l’italiano. Nasconderle per quasi due anni, condividendo con loro quel poco che si poteva racimolare durante i rigidi inverni del ’43 e del ’44. Quella rete di famiglie non tradì nessuno. Nemmeno uno degli ebrei che furono soccorsi dagli amici di don Viale fu catturato e ucciso.

I due preti giusti | Tempi.it

Viaggio da Teheran a Roma

22 ottobre 2016 Commenti disabilitati su Viaggio da Teheran a Roma

“As a Muslim-born Iranian, I first doubted God, then flirted with Nietzsche and Marxism. But the whisper of conscience kept suggesting that I go to Mass”. Sohrab Ahmari

Peccato che il titolo di questo articolo de Il Foglio, che riprende un pezzo del Catholic Herald, sia stato capovolto, portando un po’ di confusione. Ma basta leggere il testo per capire cosa significa quel “viaggio”.

Pro memoria

24 febbraio 2016 Commenti disabilitati su Pro memoria

“Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra”.

Fil 3, 19

Il vero nome della rosa

20 febbraio 2016 Commenti disabilitati su Il vero nome della rosa

Quando “Il nome della rosa” di Umberto Eco vinse il Premio Strega era il 1981. Avevo 8 anni, non ricordo nemmeno il fatto. Ricordo però il battage quando uscì, nel 1986, il film tratto dal libro, con protagonista Sean Connory, allora all’apice della carriera. Si riparlò del libro, dell’autore, il film ebbe un notevole successo e, se non sbaglio, molte scuole organizzavano comitive per portare i ragazzi al cinema a vedere questa ricostruzione del Medioevo.

Ricordo che mio padre, come spesso accadeva, portò a casa un’opinione diversa da quella che sentivo intorno a me: mi parlò di una recensione che aveva letto, di come risultasse un libro dalle idee negative (sì, esistono). Mi fidai del suo giudizio, soprattutto per quella posizione che ho spesso nei confronti dell’opinione pubblica (“Lo stato moderno fabbrica le opinioni che poi raccoglie rispettosamente sotto il nome di opinione pubblica” – Nicolas Gomez Davila). Negli anni a venire mi è capitato di pensare spesso a quella recensione, pur non avendola mai letta, ogni qualvolta sentivo parlare del libro e ancor più spesso del film.

Oggi, giorno della morte di Umberto Eco, ho potuto leggere finalmente quella celeberrima recensione, uscita su Civiltà Cattolica il 19 settembre 1981, riproposta da Il Timone.

Da notare come allora non si aveva il timore di urtare personaggi noti e appoggiati dalla grancassa dei media.

Che noi sappiamo, la critica finora ha avvertito in questo libro il nominalismo, ma non che esso è esattamente nichilistico e tuttavia allegro e perché, né tantomeno ha visto che questa era la fondamentale intentio operis et operantis.

Eppure tutta l’idea era dogmaticamente scandita in latino in un esametro che fa da ultima riga nell’ultima pagina del romanzo: Stat rosa pristina nomine, nuda nomina tenemus. Non abbiamo che i nudi nomi, cioè che le nude parole, le quali non dicono nulla tranne se stesse, non significano nessuna verità. È o, meglio, era la tesi radicale dello strutturalismo francese. Un nudo nome è dunque e soprattutto quello della rosa a cui spetta il primo dei nomi, cioè Dio, che è dunque lo stesso nome del nulla. La rosa del titolo è dunque Dio e il suo senso è il nulla. Se non abbiamo con questo azzeccato il senso del titolo, abbiamo certamente, ci pare, azzeccato il senso del libro, dove nella stessa ultima pagina sopracitata, 10 righe sopra l’esametro, si era sentenziato, questa volta in tedesco: Gott ist ein lautes nichts («Dio è un puro nulla»: nel senso di caos primordiale e finale).

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Miscredenza ed eresia

5 febbraio 2016 Commenti disabilitati su Miscredenza ed eresia

«La miscredenza è un peccato commesso contro Dio stesso, secondo che Egli stesso è la Verità Prima, sulla quale la fede si fonda; mentre lo scisma si oppone all’unità della Chiesa, che è un bene minore di Dio stesso. È dunque evidente che la miscredenza è per il suo genere un peccato più grave di quello dello scisma».
San Tommaso d’Aquino (II-II, q.39, a.2c)

La vera crisi della Chiesa di oggi consiste nel sempre crescente fenomeno che coloro che non credono pienamente e non professano l’integralità della fede cattolica occupano spesso posizioni strategiche nella vita della Chiesa, come professori di teologia, educatori nei seminari, superiori religiosi, parroci ed anche vescovi e cardinali. E queste persone con la loro fede difettosa si professano sottomessi al Papa.
S. E. mons- Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana
[Fonte]