Sant’Ambrogio
7 dicembre 2007 Commenti disabilitati su Sant’Ambrogio
Catechesi di Benedetto XVI, 24 ottobre 2007
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Sarà, questa onnipresenza di Cristo la ragione della sua facile reperibilità da parte di quelli che lo cercano sinceramente: “Tu cominci appena a cercarlo, e Cristo ti è già vicino: egli non può mancare a chi lo desidera, dopo che apparve a coloro che neppure lo sognavano e fu trovato da quelli che non domandavano di lui. Se pensi e parli di lui, egli è già presente”; “Vieni anche tu; non importa se tardi, o se è già notte: in ogni ora troverai Gesù”».
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Il coraggio di Biffi
6 dicembre 2007 Commenti disabilitati su Il coraggio di Biffi
È già nella lista della spesa, magari tra i regali di Natale, ma le pillole di Camillo Longone sono come un bicchiere di Vermentino di Gallura prima di un risotto di mare:
EMILIA SAZIA E DISPERATA. Nel 1985 in Italia circolava una leggenda: il paradiso emiliano. Aspiranti studenti fuorisede, registi cinematografici romani, meridionali nemici del meridione, giornalisti con poche idee e tante pagine da riempire, tutti favoleggiavano di una Shangri-La tra le pianure. Il mito si basava su dati reali (alti redditi, forti consumi, servizi più efficienti che altrove) irrealisticamente interpretati, come se di solo pane (o automobili, discoteche, asili comunali…) potesse vivere l’uomo. Biffi, fresco arcivescovo di Bologna, scorrendo le tabelle dell’Istat scoprì che la regione Emilia-Romagna primeggiava anche per aborti, denatalità, suicidi. Conversando con dei giornalisti coniò quindi l’epocale coppia di aggettivi: “Emilia sazia e disperata”. La frase ebbe enorme successo e fu anche profetica siccome una ricchezza senz’anima e senza prole non poteva avere altro esito che il presente abbandono delle città, dei centri storici emiliani, nelle mani degli alieni, dei criminali, dei pisciatori nei portici, con i benestanti asserragliati nelle ville in collina.
SCOMUNICA. Che bella parola. Gli ignoranti la collegano al medioevo, al potere temporale, all’inquisizione o a qualsivoglia altra leggenda nera. Invece è verità bianca, che Biffi restaura descrivendone la genesi evangelica. La scomunica viene istituita da Gesù a Cafarnao, sul lago di Tiberiade, per proteggere gli innocenti, i semplici: chi scandalizza il prossimo col suo comportamento, e non si lascia persuadere né dall’ammonizione personale né da quella pubblica, “sia per te come un pagano e un pubblicano” (Matteo 18, 17).
UNIVERSITA’ CATTOLICA. Si pensava che la Cattolica di Milano, noto covo ciellino, fosse da sempre un baluardo della civiltà cristiana, e che certi remoti scricchiolii fossero da addebitare a uno di quei professori, aspiranti eresiarchi, in seguito giustamente allontanati. Invece ci fu un tempo in cui la venerabile istituzione barcollò finanche nella persona del suo rettore, Giuseppe Lazzati. Correva l’annus horribilis 1974, quando al referendum sul divorzio gli italiani voltarono le spalle al proprio passato e al proprio futuro. Biffi, allora parroco di Sant’Andrea (fuori Porta Romana), visse mesi di pena. Non solo per la distruzione del “principio dell’indissolubilità del matrimonio che arginava gli impulsi egoistici degli adulti e tutelava il diritto dei figli di crescere in un contesto non disarmonico”. Anche per i tanti cattolici che, annusando l’aria divorzista, tradirono. Lazzati concesse aule universitarie ai paladini del divorzio e le negò ai contrari (i ciellini, n.d.r.). “Per motivi di ordine pubblico” fu la motivazione. Biffi nel suo caso è durissimo, non gli concede nemmeno la simpatia umana che concede a Dossetti: “Bella università cattolica, e bell’esempio di coraggiosa militanza ecclesiale”.
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Suor Bakhita
4 dicembre 2007 Commenti disabilitati su Suor Bakhita
«Bakhita nacque verso il 1869 in uno sperduto villaggio africano nel Darfur (che oggi è la provincia occidentale del Sudan). A 6 anni, è rapita, e da allora ricorda solo il terrore provato: quell’essere afferrata all’improvviso; il grido che le muore in gola sotto la minaccia di un coltello; quel cammino lungo e disperato, i tentativi di divincolarsi e di fuggire, e lo scudiscio che le sferza le gambette per dissuaderla. Poi, sul far del giorno, l’arrivo a un villaggio arabo, di case piccole e basse, e quella specie di porcile dove è stata rinchiusa a lungo, per giorni e giorni. Tutto il resto si è cancellato dalla sua mente: il suo nome, il nome del villaggio, dei fratelli, perfino il nome del papà e della mamma. Poiché la bambina non sa più come si chiama, uno dei due razziatori suggerisce all’altro, ironicamente, "chiàmala Bakhita!". E Bakhita vuol dire: felice, fortunata.
Ed è proprio in questo piccolo crudele particolare, che noi vediamo all’improvviso come si intrecciano la storia della cattiveria umana e quella della salvezza di Dio: la storia della malvagità che schernisce le sue vittime ("fortunata!": una bambina a cui è stato tolto perfino il ricordo del nome della mamma) e la storia della tenerezza di Dio che tramuterà quella sventura in felicità, e in aiuto per il mondo intero».
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