Il frutto del lavoro

21 giugno 2012 Commenti disabilitati su Il frutto del lavoro

È tempo di mietitura. Alcuni campi sono già stati rasi dal lavoro delle macchine. Altri sono ancora in attesa. I campi gialli di grano, bellissimi. Un tempo, così leggo, la mietitura era una grande festa. Si raccoglieva ciò che la terra aveva donato. Con gratitudine. Scampata alla furia del clima, delle pioggie troppo abbondanti o al sole troppo violento. Alle acque innondanti o all’aridità della terra. Una festa per un dono che non dipende da noi. Si raccoglie, si immagazzina, si ara e si ricoltiva. Tutto un lavoro, in tutti i lavori. Senza un attimo di pausa. Mentre non si sa nemmeno più per che cosa si festeggia quando si festeggia.

A guardare i documentari sugli animali si ritrova la speranza. C’è una intelligenza, una bellezza, una semplicità e un’ironia nei loro comportamenti che mi rassicura. È lampante che quelle qualità non sono loro. Uno degli spettacoli che mi ha colpito di più è quello descritto dal naturalista svizzero Alfred Portmann: i cigni neri – dopo migliaia di chilometri di migrazioni transmarine – quando finalmente trovano uno stagno d’acqua dolce e potrebbero, ormai esausti, abbeverarsi, prima di lanciarsi a capofitto in acqua, inscenano una sorprendente danza rituale attorno allo specchio d’acqua. Solo dopo questa danza vanno ad abbeverarsi. Questa coreografia sembra andare al di là del semplice comportamento funzionale e dettato dall’istinto, per questo colpisce noi uomini, dotati della stessa capacità: fare festa dopo il duro lavoro, celebrando la bellezza di qualcosa che percepiamo come un dono.

[…] Platone, lucido interprete del mondo caduto, scrisse che gli dei condannarono l’uomo al lavoro e per compassione gli concessero intervalli di riposo per le feste, affinché l’uomo ricevesse in quelle occasioni la luce e la forza per vivere rettamente. La festa diventa una specie di condono alla condanna quotidiana del lavoro. Gli antichi riconoscono nella festa quella luce originaria dell’uomo che lavora e custodisce il giardino, ma non riescono a riconoscere più il legame divino tra lavoro e uomo, schiacciati solo dall’aspetto negativo: la fatica, la ripetitività, la necessità.

[…] Gioioso è solo chi lavorando riposa o riposa lavorando. Il tempo libero, come ahimè anche i cristiani si sono abituati a chiamarlo, è in realtà tempo della festa, tempo in cui si festeggia la gioia del dono ricevuto.

Alessandro D’Avenia, La danza dei cigni neri

Profeti

11 giugno 2012 Commenti disabilitati su Profeti

«Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piacere piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri.
Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria.
Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all’autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente nell’infanzia, ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi.
Così, dopo avere preso a volta a volta nelle sue mani potenti ogni individuo ed averlo plasmato a suo modo, il sovrano estende il suo braccio sull’intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costinge ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore…»
Alexis De Tocqueville, La democrazia in America

Come salvarsi da una tale situazione ormai divenuta realtà? Come non perdere la propria umanità? Come non rimanere schiacciati da questo potere che “ostacola, comprime, snerva, estingue” e ci costringe ad essere come “animali timidi ed industriosi”?
Solo trovando una compagnia di uomini e donne legàti da amicizia, da rispetto, da amore, una compagnia che si interessa, ha a cuore l’uomo e la sua grandezza. Che, come San Benedetto, dalle macerie ricostruirà silenziosamente una società più umana.

Salus – Salute – Salvezza

5 giugno 2012 Commenti disabilitati su Salus – Salute – Salvezza

Basta avere un piccolo dolorino per capire quanto l’uomo sia fatto per stare bene, anche oltre quello che si pensi. Basta avere un piccolo disturbo per essere limitati fisicamente e psicologicamente. Solo quando si prova il mal di schiena si percepisce come tutto il corpo dipenda da quella labile e fondamentale zona lombale (o dorsale o cervicale). Solo dopo una distorsione alla caviglia ci rendiamo conto di quanto sia difficile camminare. Solo con un persistente dolore alla spalla capiamo quanti gesti compiamo ogni giorno con il suo utilizzo. Proviamo a non vederci per un giorno, a non sentirci, a non parlare… La controprova è data dal fatto che una volta guariti ci dimentichiamo molto rapidamente del dolore sentito. Cancelliamo immediatamente il suo “ricordo”. Siamo già proiettati nella “normalità” della salute. Del resto, siamo fatti per stare bene. Per stare in salute. Per essere in forma. Per essere in “perfetta” forma.

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